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VOLO SULLA CRESTA SIGNAL (2 agosto 1975)

Il giorno dopo l’orale di maturità, un pesante sacco sulle spalle non facilita l’andatura sulla morena, inevitabile per giungere alla Capanna Valsesia (ora Gugliermina). E’ dall’anno precedente che non faccio salite se non qualche arrampicata alla Torre di Boccioleto, ma l’obiettivo del diploma era prioritario anche in considerazione delle aspettative dei genitori. Invece Tiziano sale spedito, ha nelle gambe le recenti vie al canale Sesia e la nord dell’Argentière. Giunti al bivacco, prepariamo una frugale cena mentre i discorsi vanno oltre la salita della Parrot. Si parla della prossima salita alla Signal, all’Arete du Diable al Mont Blanc du Tacul e soprattutto quali vie faremo con gli amici accademici Tullio e Tatti che ci attendono a Courmajeur. L’impazienza dell’azione rende lunga la notte, così alle cinque del mattino siamo già in moto e galvanizzati per la facilità con cui progrediamo. Ci divertiamo sulle facili rocce che si accendono di rosso man mano che il sole compie il suo arco. Lasciate le sudate carte di Leopardi e dei logaritmi, si aprono nuove poesie e immense libertà che abbracciano anche il Vietnam. Giunti alla calotta finale, inizio ad avere il fiato corto e chiedo a Tiziano di legarci per superare in sicurezza lo scivolo ghiacciato. In breve, mi trascina in vetta e la discesa alla Gnifetti e successiva punta Indren è accompagnata da “c’era un ragazzo che come me … ta-ta-ta-ta-tan”, stonata ma straripante libertà e gioia di vivere.

Dopo una settimana e aver salito la Malvassora al Becco Merdionale della Tribulazione, siamo nuovamente in viaggio verso Alagna anche se il meteo non promette nulla di buono. Ma che importanza ha? Se domani sarà brutto, aspetteremo il giorno dopo, dato che non abbiamo nessun vincolo di tempo. Gli studi sono terminati, non conosco l’esito dell’esame di maturità ma dovrebbe essere andato tutto bene e la decisione di cosa fare dopo è demandato a ottobre. Avvolto da un sentimento di libertà voglio vivere pienamente la passione dell’avventura che la montagna mi trasmette.

Giunti alla capanna Resegotti, il cielo si oscura e nella notte nevischia, ma quella successiva brilla di stelle. Mentre i ramponi stridono sulla neve ghiacciata illuminata dalle pile frontali, procediamo slegati sull’esile cresta che conduce al colle Signal. Il sole fa capolino all’orizzonte riscaldando il procedere sulle facili rocce che ci innalzano velocemente sino alla base del grande gendarme, punto chiave della salita.

“Questa dovrebbe essere la cengia che attraversa sulla sinistra nel versante Valsesiano”.

“Dai, che superato lo sperone, saremo in vista della capanna e fuori dalle difficoltà”.

“Ehi guarda un chiodo”.

Nemmeno il tempo di dirlo e già Tiziano arrampica nella direzione che si verificherà una variante della via solita.

“Meglio legarci, è verticale e bagnato”.

Velocemente, Tiziano, passa la corda alla vita e in un attimo è al chiodo: moschettone di rinvio e tenendosi allo stesso, si issa oltre il muretto strapiombante, ma quando la trazione del chiodo è dal basso verso l’alto, si sfila e nel cielo la corda disegna un lampo trascinata da un corpo che vola venti metri sotto di me. In attesa del tuono, silenzio e poi lo strappo sulla fettuccia ancorata ad un masso su cui facevo sicurezza.

Ancora silenzio, cupo, angosciante, vuoto. Unico pensiero: “è morto”.

Poi un lamento. Senza esitazioni, blocco la corda e scendo, da lui o dal suo corpo?

E’ appeso alla corda che lo stringe al petto, il volto sanguinante ma cosciente.

“Mi son rotto la gamba, liberami dalla corda”.

Con l’opinel, taglio la corda e lo adagio sulla cengia. Gli tolgo il casco che ha un buco impressionante poco sopra la tempia! Tra le urla di dolore, mi faccio forza a steccargli la gamba con fratture scomposte e gli faccio ingurgitare della nisidina. Segnalo con sacchetti del duvet e foulard la posizione in cui si trova.

“E adesso scendo o salgo?”

“Sali, se scendi non potrai avvisare i soccorsi in tempo …”

Risalgo facilmente sino dove facevo sosta, proseguo con attenzione al punto in cui è volato, poi studio il passaggio. E’ delicato ed esposto, se volo è finita per tutti e due. Esito, prendo coscienza della situazione e sono pervaso da paura. Quaranta metri sotto, Tiziano mi grida

“sei fuori?” Rispondo “si, adesso è facile”.

Invece sono ancora lì che non mi decido.

Rifletto: “non posso rimanere qui a lungo o decido di scendere o faccio il passaggio”.

“E’ difficile, ma Tiziano è volato perché si è attaccato al chiodo che è fuoriuscito”.

“Mi concentro e con passi lenti e ponderati mi innalzo sullo strapiombo, spacco a sinistra e continuo lungo una fessura sempre più appigliata. Sono fuori!”

Un sospiro per scaricare la tensione e riprendere il corretto ritmo della respirazione. Proseguo sino ad incrociare la giusta via e a quel punto mi fermo per riprendere fiato e alleviare la gola arsa, sorseggiando la poca acqua rimasta nella borraccia. Devo ancora salire il costone che conduce in cresta, da dove in vista della capanna potrò richiedere il soccorso. L’ambiente è selvaggio e maestoso, le rocce belle e non difficili mi permettono una progressione fluida e piacevole. Sono talmente concentrato che mi sorprendo nel godere l’arrampicata.

Quando giungo in cresta, urlo per dare l’allarme e intuito che il custode ha recepito, anziché rilassarmi, continuo sul tratto finale che conduce ai 4554 metri della punta Gnifetti aumentando il ritmo. Supero direttamente il dente roccioso e raggiungo la capanna salendo dal balcone a sbalzo sulla parete sud. Nel frattempo, Dolfi il custode, dopo aver allertato il soccorso mi era venuto incontro, ma non vedendomi era rientrato al rifugio con la preoccupazione che fossi “volato” anch’io.


ALTISSIMA PROFESSIONALITA’, PERIZIA E CORAGGIO PER UN SOCCORSO LAMPO

Gli sguardi sono rivolti verso il colle del Lys per scorgere l’arrivo dell’elicottero che giunge poco dopo. E’ un Aluette-Lama pilotato dal comandante Paludi con a bordo Berti Enzio, esperta guida alpina di Alagna Valsesia e membro del comitato tecnico nazionale del CNSA. Dopo una breve perlustrazione con immediata individuazione del ferito, l’elicottero si posa al colle Gnifetti, dove gli vengono tolti gli sportelloni e fissata una corda su cui Berti si appende, riprende il volo nel cielo sopra Macugnaga con più di 2000 metri di vuoto per raggiungere Tiziano.

Seppure le pale del rotore sfiorano le rocce, la verticale della corda su cui è appeso il soccorritore non raggiunge il ferito. Con audacia e perfetta sincronia tra pilota e soccorritore viene creata un’oscillazione della corda in modo che la guida, pendolando, possa afferrare un’ asperità della parete per poi, arrampicando raggiungere il ferito. La situazione, altamente rischiosa con l’elicottero in hovering e le turbolenze dei 4300 metri di quota deve essere risolta in brevissimo tempo. Conscio del pericolo, in un attimo Berti aggancia il ferito e segnala l’ok al pilota. La corda si tende e non essendo sotto la verticale dell’elicottero, ovvio un impressionante pendolo, dapprima strisciando sulle rocce e poi nel vuoto. L’elicottero con soccorritore e ferito appesi alla corda, 20 metri sotto la carlinga, riprende quota, sorvola l’himalajana parete est del Rosa e si posa nuovamente al colle Gnifetti. Tiziano, con fratture al femore e la rotola spappolata viene caricato a bordo e condotto all’ospedale di Aosta.


cresta Signal, a sinistra colle Sesia e a destra punta Nordend

in rosso, percorso della cresta Signal; in giallo la variante effettuata; in azzurro, punto del volo

la prima parte della cresta Signal, sullo sfondo punta Grober

gae, papà carlo e tiziano (1974)

gae, papà carlo e tiziano (1974)

gae, berti e tiziano dopo 40 anni (2015)

gae, berti e tiziano a Otro, dopo 40 anni (2015)

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